La Pustinia (deserto, in lingua russa), in continuità con la tradizione dei padri e le madri del deserto dell’origine, si fonda sulla libertà dello Spirito. Non richiede di aderire ad una regola, ma di sperimentare la vita interiore, di incontrare Dio dentro se stessi. Si caratterizza per un equilibrio fra contemplazione e azione, ascolto di Dio e ascolto degli esseri umani, sosta e pellegrinaggi, secondo quello che via via ispira lo Spirito, che chiama al silenzio proprio per far ascoltare la propria voce. Che chiede di lasciarsi condurre senza resistenze, senza mediazioni, verso una solitudine sempre più abitata, centrata in Cristo.

Partivano da soli… soli nell’ignoto. Sì, il laico, uomo o donna che era chiamato alla pustinia, vi entrava per esservi veramente solo, fisicamente solo con Dio. Si vuotava la mente e l’anima di ogni legame, di ogni rapporto, perché ormai si sarebbe trovato legato a tutti quelli che amava in una più profonda dimensione d’amore. […] In quel silenzio meraviglioso, straordinario, temibile, ammirevole e fremente di Dio, avrebbe imparato a conoscere Dio[1].


[1] Catherine de Hueck Doherty, Pustinia, le comunità del deserto per il mondo globale, Jaka Book, 2019, p. 42-43.